EDUCARE NELL’ERA DELL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE A SCUOLA
- Francesca Leone
- 16 set
- Tempo di lettura: 3 min
Aggiornamento: 17 set
Stadera n. 164 – Set/Ott 2025
Il mondo della scuola si appresta a vivere molteplici cambiamenti. Viviamo in un’epoca nella quale l’intelligenza artificiale non è più soltanto oggetto di romanzi distopici o previsioni futuristiche, ma realtà concreta, silenziosa e pervasiva. È presente nei motori di ricerca e nei social network e, sempre più visibilmente, anche nelle aule scolastiche, ridefinendo ruoli e modalità di apprendimento. L’ingresso dell’intelligenza artificiale nel mondo scolastico non è un evento marginale, ma rappresenta una trasformazione radicale che interroga finalità, metodi e relazioni educative, obbligando la scuola a ridefinire la propria identità. In un’epoca in cui gli algoritmi governano piattaforme e motori di ricerca, il compito della scuola si complica ma si arricchisce di nuove possibilità, come l’accesso personalizzato al sapere, l’inclusione di studenti con bisogni speciali e la valorizzazione di ambienti di apprendimento misti. Tuttavia, accanto a queste promesse si aprono anche interrogativi profondi, che non possono essere ignorati. Quali competenze deve oggi promuovere l’educazione?

Ebbene, educare nell’era dell’I.A. significa porsi domande sul senso autentico dell’apprendere e sull’essenza dell’insegnare. E soprattutto, significa interrogarsi su cosa significhi essere umani in un contesto in cui il pensiero può essere simulato da una macchina. Vi è dunque il pericolo dell’appiattimento cognitivo. Accanto alle promesse, emergono rischi non trascurabili, che meritano di essere affrontati con lucidità e responsabilità. Uno dei pericoli più evidenti riguarda la tendenza, sempre più diffusa tra gli studenti, a delegare alla macchina ogni sforzo cognitivo, affidandosi all’intelligenza artificiale per ottenere risposte immediate, apparentemente corrette, ma prive di un reale processo di comprensione. Questo atteggiamento rischia di disinnescare le abilità fondamentali del pensiero critico, della riflessione autonoma e dell’argomentazione motivata.
L’intelligenza artificiale è certamente in grado di generare testi coerenti, risolvere problemi complessi, sintetizzare concetti, ma ciò che la distingue dall’uomo è l’incapacità di sentire il senso profondo delle parole, di sbagliare creativamente, di stupirsi e di interrogarsi. Il pensiero umano non è solo calcolo e connessione logica, è anche intuizione, errore, lentezza e silenzio. Purtroppo, l’omologazione e l’abbassamento del pensiero divergente sono dietro l’angolo, così come la perdita dell’immaginazione come spazio libero e creativo. In tale scenario, la lezione umanistica torna centrale poiché solo chi ha imparato a pensare con lentezza, a dubitare con rigore, a costruire connessioni tra saperi diversi, potrà resistere al fascino dell’automazione e mantenere viva la propria voce interiore.
L’uso dell’intelligenza artificiale nella scuola non può prescindere da una riflessione etica profonda e partecipata. L’etica dell’intelligenza artificiale richiede un approccio profondamente multidisciplinare che coinvolga filosofi, pedagogisti, giuristi, informatici, sociologi, insegnanti, studenti e famiglie, in un dialogo costante tra tecnica e umanesimo. È compito della scuola coltivare questa consapevolezza, educare alla cittadinanza digitale come forma di responsabilità verso sé stessi e verso gli altri, e non solo come insieme di abilità funzionali.

L’intelligenza artificiale può essere un’alleata preziosa solo se inserita in un quadro di responsabilità condivisa e di vigilanza etica, in cui l’efficienza non prevalga sul senso, e in cui la tecnologia non oscuri la libertà, ma ne diventi il prolungamento consapevole e critico. Educare nell’era dell’algoritmo significa scegliere ogni giorno se farsi governare dalla tecnica o se farne uno strumento al servizio dell’umano, preservando il valore insostituibile della libertà interiore e della responsabilità morale. In un mondo che tende a semplificare, classificare, automatizzare, è compito della scuola coltivare la complessità, nutrire il dubbio, allenare il pensiero critico e creativo. Non basta più trasmettere conoscenze, occorre educare a discernere, a interrogarsi, a immaginare alternative. L’intelligenza artificiale non è un nemico da combattere, ma una realtà da comprendere, da indirizzare, da interrogare eticamente. Solo così l’innovazione diventerà occasione di crescita e non minaccia, strumento di emancipazione e non di subordinazione. La scuola deve dunque educare al senso, al limite, alla responsabilità, restituendo centralità alla coscienza e alla capacità di scegliere.
Francesca Leone






